SERGIO PAUSIG / OPTICON

 

Sergio Pausig e’ un uomo del fare. Ogni idea, ogni pensiero, ogni suggestione si traduce in un fenomeno, in una traslazione fantastica che unisce il fantasma della mente nell’oggetto del corpo, in quanto la sua psicologia e’preziosamente immaginaria, sia quando si traduce nella virtualità barocca e bizantina della sua pittura, sia quando diviene sorprendente flessuosità materiale, sia quando traccia i confini del progetto architetturale.

La sua attività creativa e’ un unicum in cui non e’ possibile separare l’uno dal tutto, la singolarità dalla pluralità, se non per matrici di nomenclatura, di applicazione di una teoria conoscitiva, a ciò che si manifesta come polimorfia di un poetico sognare di sè e del mondo,in cui il monologo interiore e’ un sortilegio per far apparire di più, di meglio, sempre sulla soglia della sorpresa e dello scandalo.

Sorpresa e scandalo, della raffinatezza, dell’accuratezza, del particolare, come se ci fosse qualche cosa dietro, di nascosto, come in effetti è, perchè c`e’ sempre una essenzialità simbolica in tutto il suo lavoro, che lo accomuna alla alchemicità della cultura veneziana, alla forza gentile del suo tonalismo astratteggiante, che e’ la finezza trasgressiva delle sue fonti storiche, che sono diventate lievito di tanta parte della modernità, delle contaminazioni che ancora oggi in essa si produce.

Sergio Pausig e’ un interprete della peculiarietà di questo incrocio di visionarietà e di fantasie che si sono coniugate con la solarità mediterranea della sua palermitanità d’elezione, portando la sua ricerca ad una strutturalità tematica che nel tempo si e’ nutrita della grande sentimentalità europea, da un secentismo, reinterpretato in chiave di universalismo ad un attualismo anacronistico e colto, più adatto a farsi inseguire che ad inseguire, in quanto le sue coordinate dell’essere e dell’esserci, sono quelle della meditazione e della stratificazione, piuttosto che quelle dell’improvvisazione e della sorpresa.

Pensare ad una sua visione d’insieme, del pensiero e del lavoro, fusi e divisi da sottili intercapedini, significa fare un lavoro cartesiano di distinguere e distinguere per poi sintetizzare e sintetizzare, raccogliendo vita, parole ed opere, per sezioni, per segmenti, in modo di poter cogliere il senso della sua unità, passato attraverso i decenni, senza lasciarsi sfuggire il ritmo segreto e insondabile delle trasformazioni, che possono essere letti, decifrati, dopo essere aperti al patto mefistofelico con l’infinita contemplazione.

Francesco Gallo